GIOIELLI, ARGENTI, DIPINTI, ARREDI E OGGETTI D'ARTE

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Niccolò Cannicci                                                          

Niccolò Cannicci                                                           (Firenze 1846 - 1906)                                                      GREGGE AL PASCOLO                                                          olio su tela, cm 68x43                                                     sul retro: firmato                                                                                                                                    "La valle ancora avvolta nelle nebbie del mattino, come in Armonia         mattutina, o nelle ultime luci del tramonto, come in Scende la sera, sono i momenti prediletti da Cannicci, specie negli anni tardi. Anche la stagione, col cielo coperto da una coltre spessa di nubi, accresce quel sentimento   dincertezza e di mistero di cui l'artista avvolge i suoi soggetti, e       riflette una maniera particolare d'avvicinarsi alla sensibilità della      poetica simbolista, che non insiste su allusioni a significati ulteriori o velate allegorie care invece a Segantini. Di quest'ultimo Cannicci dovette tuttavia aver ben presente alcune tele del nono decennio, tra cui Ritorno  all'ovile, specie nella pittura giocata su una gamma finissima di toni     evanescenti, leggera e rapida, mentre la resa del cielo potrà ricordare la maniera di Plinio Nomellini, in opere come Sole e nubi.                    Ma simili ambientazioni fumose ed indefinite appaiono sempre più           ricorrenti, dopo il grande precedente di Whistler, nelle immagini del      tempo: dalle acqueforti di Fantin-Latour ai dipinti di Cazin, di           Levy-Dhurmer (astraendo i modi di questultimo dai temi simbolisti) o di    Henri Le Sidaner, ed in Italia specie in ambito romano da Cabianca a Costa, Ricci, De Maria; espressioni consone agli animi colmi di incertezze e      assetati di spiritualità della fine del secolo, cui limpressionismo        appariva "realismo minuzioso e falsissimo" (N. Costa). Quanto al motivo    della sosta nel campo, così sovente trattato dal Cannicci, si potrà        avvicinare queste composizoni a Sosta di una vergheria del 1901, esposto   alla Biennale di Venezia, e di cui già l'artista aveva dipinto versioni    analoghe sin dal 1887".                                                    (L. Lombardi, Niccolò Cannicci, Soncino (Cr) 1995, p. 110)                
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Niccolò Cannicci                                                           (Firenze 1846 - 1906)                                                      GREGGE AL PASCOLO                                                          olio su tela, cm 68x43                                                     sul retro: firmato                                                                                                                                    "La valle ancora avvolta nelle nebbie del mattino, come in Armonia         mattutina, o nelle ultime luci del tramonto, come in Scende la sera, sono i momenti prediletti da Cannicci, specie negli anni tardi. Anche la stagione, col cielo coperto da una coltre spessa di nubi, accresce quel sentimento   dincertezza e di mistero di cui l'artista avvolge i suoi soggetti, e       riflette una maniera particolare d'avvicinarsi alla sensibilità della      poetica simbolista, che non insiste su allusioni a significati ulteriori o velate allegorie care invece a Segantini. Di quest'ultimo Cannicci dovette tuttavia aver ben presente alcune tele del nono decennio, tra cui Ritorno  all'ovile, specie nella pittura giocata su una gamma finissima di toni     evanescenti, leggera e rapida, mentre la resa del cielo potrà ricordare la maniera di Plinio Nomellini, in opere come Sole e nubi.                    Ma simili ambientazioni fumose ed indefinite appaiono sempre più           ricorrenti, dopo il grande precedente di Whistler, nelle immagini del      tempo: dalle acqueforti di Fantin-Latour ai dipinti di Cazin, di           Levy-Dhurmer (astraendo i modi di questultimo dai temi simbolisti) o di    Henri Le Sidaner, ed in Italia specie in ambito romano da Cabianca a Costa, Ricci, De Maria; espressioni consone agli animi colmi di incertezze e      assetati di spiritualità della fine del secolo, cui limpressionismo        appariva "realismo minuzioso e falsissimo" (N. Costa). Quanto al motivo    della sosta nel campo, così sovente trattato dal Cannicci, si potrà        avvicinare queste composizoni a Sosta di una vergheria del 1901, esposto   alla Biennale di Venezia, e di cui già l'artista aveva dipinto versioni    analoghe sin dal 1887".                                                    (L. Lombardi, Niccolò Cannicci, Soncino (Cr) 1995, p. 110)